Ho avuto l’onore il piacere con BeLoud di partecipare all’organizzazione dei Diversity Innovation Days.
Il programma, realizzato in partnership con l’ambasciata americana a Roma, è stato possibile grazie al portentoso sforzo organizzativo di Startups Without Borders, ed ha accompagnato numerosi giovani migranti e italiani in un viaggio per trasformare le loro idee innovative in startup.
L’evento conclusivo del percorso – il Diversity Innovation Festival – si è tenuto durante la Rome Future Week. In quest’occasione, ho avuto il piacere di essere tra i giurati della pitch competition finale, e di condividere due parole all’apertura dell’evento, per cui mi sono ispirato a una serie di Tweet di Peter Kruger e che riporto di seguito perché ci credo molto.
Chi sono
Buonasera a tutti, mi chiamo Matteo Forte e sono un imprenditore che si occupa di tecnologia. Sono tra i soci di BeLoud, ADPM drones e SWITCH, aziende molto diverse tra loro che si occupano di droni autonomi e comunicazione satellitare, marketing digitale e intelligenza artificiale applicata alla mobilità urbana.
Sono tra gli imprenditori europei under 35 che il Dipartimento di Stato Americano ha selezionato per un’iniziativa che si chiama Young Transatlantic Innovation Leadership Initiative – che corto è YTILI, e che promuove i legami tra gli imprenditori di USA ed Europa. Da qualche mese, ho anche l’onore di sedere nel board degli Alumni di YTILI e sono un sacco contento di dirlo per due motivi: il primo è che settimana prossima abbiamo organizzato il primo summit con gli alumni di tutti gli anni, a Lubiana, quindi siamo tutti un po’ elettrizzati. Il secondo, è che – tra gli altri motivi – se siamo qui oggi è anche per questo e per il legame che di conseguenza nel tempo abbiamo stretto con l’Ambasciata USA in Italia, che ha contribuito economicamente alla realizzazione di tutto questo.
I Diversity Innovation Days
Siamo ai Diversity Innovation Days, un’iniziativa che non sarebbe esistita senza l’impegno sovrumano di Valentina e del suo team, né senza il sostegno economico e organizzativo dell’Ambasciata degli Stati Uniti e di tutti i volontari, i partner, mentor e speaker che hanno sostenuto il progetto sin dall’inizio.
La diversità e l’innovazione
Siamo ai Diversity Innovation Days e non vi sfuggirà che sul palco c’è un maschio, bianco. Alcune aggravanti ve le dico subito, scrivo con la destra e sono primogenito. Non proprio quello che uno si aspetterebbe. Come me, molte delle persone con cui lavoro sono così.
Qualche settimana fa abbiamo fatto application per un programma europeo molto competitivo e non siamo stati selezionati per pochissimi punti. C’erano alcune cose su cui non avevamo brillato, ma una di quelle su cui siamo andati peggio era proprio la diversità. Sarebbe interessante approfondire e fare un discorso un po’ maturo sui numerosi significati la parola diversità può assumere in un paese come l’Italia – che ha dei temi non solo sulla migrazione e sulla parità di genere, ma anche su Sud, periferie e province che sono grossi come una casa. Non è la sede, però.
Quando inizi qualcosa di nuovo, spesso lo fai con gli amici di una vita, con i compagni dell’università, e questo in Italia significa spesso non essere esposti a tutta questa diversità, mettiamola così. All’inizio quando sei in 3-4, le cose succedono e basta e già devi ringraziare di averlo trovato qualche sciamannato che si mette a fare la startup con te – in Italia! – invece che andarsi a guadagnare qualche bello stipendio in giro.
Io quando ho letto il feedback ci sono rimasto male, come se mi avessero offeso. Dico: “A me? Ma lo sai quello che faccio nella vita, quello che penso?”. Però avevano ragione, il mio team è composto in schiacciante maggioranza da ragazzi italiani che a prima vista sono più o meno come me.
Questo mi ha scatenato delle riflessioni, la prima personale, sul se potessi fare qualcosa per migliorare da questo punto di vista. La seconda più di sistema, ovvero che finché non cambia la composizione del mare da cui tutti peschiamo o in cui tutti nuotiamo, la strada è bella in salita, diciamo.
I temi della migrazione e della parità di genere sono strettamente collegati all’innovazione. In Silicon Valley, il 55% delle aziende che valgono più di un miliardo sono state fondate da migranti.
L’Italia
L’Italia ha dei problemi mastodontici davanti, dall’invecchiamento alla produttività che non cresce da decenni, e sia la storia recente sia la cronaca ci confermano una mancanza micidiale di coraggio, sguardo lungo e convinzione per affrontarli. L’unico modo per uscirne è l’innovazione radicale che si genera dall’ecosistema delle startup e della ricerca.
L’intelligenza artificiale insieme alle altre tecnologie sta stravolgendo e stravolgerà ogni ambito delle nostre vite e dei nostri lavori a una velocità che non ci immaginiamo nemmeno e non possiamo permetterci di rimanere indietro o saremo spazzati via. E mi rendo conto che non è che dico cose particolarmente originali. Però, siamo nel paese in cui stiamo a perder tanto tanto tempo a parlare di farina di grilli, carne sintetica, ChatGPT e migrazione con un atteggiamento così retrogrado e provinciale che è meglio non pensarci altrimenti ci arrabbiamo, e forse quindi ha senso che ce le diciamo più spesso.
L’unico modo per uscirne
Se lo chiedessero a me dobbiamo, per fare una citazione che qualcuno coglierà, aprire tutto.
Ecco io ho un sogno, prima che diventiamo un grande museo a cielo aperto pieno di case vacanze – spoiler: non manca molto. Dobbiamo sfruttare quel briciolo di attrattività che per qualche motivo un pezzo rilevante di mondo ancora ci riconosce. Scegliamo 2-3 cose su cui nonostante tutto continuiamo a dire la nostra: chimica, meccanica, tessile, aerospazio, non lo so, e facciamo diventare l’Italia il banco di prova di qualsiasi diavoleria su questi temi venga in mente a chiunque in qualsiasi parte del mondo.
È l’unico modo per uscirne, per cambiare la composizione del mare in cui tutti nuotiamo e rendere spontanea la creazione di un ecosistema e di aziende che siano nativamente composite e “diverse” al loro interno e quindi in ultima istanza migliori, più internazionali e competitive.
La diversità è un fattore determinante dell’innovazione e come tale dev’essere sostenuta e incoraggiata da tutti coloro che a qualsiasi titolo vogliono bene a questo paese o che più semplicemente vogliono prosperare come persone e imprenditori che non c’è niente di male. Per me andrebbe detto chiaro e tondo: chiunque sia già in Italia o voglia venire in Italia a fare innovazione è il benvenuto. E se non vogliamo dirlo perché è giusto o perché è il sogno di Matteo Forte che così prende meno aerei, diciamolo almeno perché ci conviene.
Un messaggio che purtroppo il nostro paese non lancia non per sbaglio ma perché c’è larga parte che non la pensa così, o che pensa ci siano altre priorità.
Ora, io non ho la pretesa di risolvere niente con questo intervento. Voglio però dire che tutti i grandi cambiamenti cominciano da pezzi di società che si organizzano, con una visione chiara e una certa dose di determinazione. Io durante questo percorso, e qui oggi, vedo persone, storie, teste, cuori e braccia con una visione chiara di come vogliamo sia il futuro dell’innovazione in Italia e con la determinazione che serve per far sì che il cambiamento che vogliamo si realizzi.
Ci vediamo ai prossimi Diversity Innovation Days!